Può sembrare buffo, siamo una fabbrica all’incontrario, il ritorno alle origini. Per semplificare, immaginate uno stabilimento di produzione, entrano le materie prime, i semilavorati e, dopo un ciclo di lavorazione fatto su catena di montaggio, viene fuori un prodotto finito. Ecco, noi siamo questo, ma iniziamo dalla fine, è la stessa cosa: entrano nella nostra catena di montaggio un prodotto finito (un monitor, un computer, un impianto HI-FI) ed i nostri tecnici, in sequenza, smontano il contenitore esterno, poi staccano i circuiti interni, i cavi, gli spinotti, le prese per l’alimentazione e tutto viene posto sugli scaffali, come all’asilo, la plastica tutta insieme, il rame in un contenitore, il ferro in un altro, i bulloni e la viteria da un altro, risultato è che alla fine dell’opera il prodotto non esiste più, è diventato un po’ di plastica, un po’ di ferro, un po’ di tutto, e tutto, senza trascurare alcunché, viene riutilizzato. La plastica viene trasformata in nuovi oggetti per quotidiano (sedie, tavoli ecc.); il ferro viene fuso ed utilizzato in altre lavorazioni; il rame, richiestissimo, viene immediatamente riutilizzato nella produzione di cavi elettrici esimili. E’ un sogno, sì, è un sogno. Era il nostro, la differenza è che lo abbiamo realizzato stando svegli, e non corriamo il rischio di ricordarlo come un qualcosa di astratto. E’ la nostra realtà, quella che, probabilmente, anche se in modo infinitesimale, contribuirà a farci vivere un po’ meglio. Ed il nostro entusiasmo, la nostra caparbietà nel voler realizzare tutto questo ritrova un senso nel sentire ogni giorno, in ogni momento del nostro lavoro una utilità che diventa collettiva nel contribuire ad una vita migliore per tutti.